PILLOLA DI ALR:

In ambito ostetrico, l’utilizzo dell’ecografo ha dimostrato di aumentare il tasso di successo e di ridurre le difficoltà tecniche in caso di obesità, deformità del rachide e pregressa strumentazione chirurgica. L’obesità può associarsi a difficoltà nella palpazione dei processi spinosi e delle creste iliache, nel riconoscimento della linea mediana e degli spazi intervertebrali della colonna vertebrale. Peraltro, l’infarcimento adiposo aumenta l’incidenza di falsi positivi durante i tentativi di reperimento dello spazio epidurale ed è più frequente l’evenienza di puntura accidentale della dura madre, di puntura vascolare e di fallimento della tecnica neuro-assiale.

D’altra parte, con le attuali tecniche sonografiche, la risoluzione dell’immagine non è ottimale nella paziente obesa, in quanto la struttura target (complesso posteriore) è localizzata più in profondità ed il fascio degli ultrasuoni è attenuato dalla disomogeneità del tessuto adiposo. È molto frequente anche la presenza di artefatti, conseguenza della riflessione degli echi a livello dell’interfaccia tra tessuto adiposo e tessuto muscolare. Ciò si traduce in una più alta percentuale di immagini ecografiche “atipiche” sul piano trasversale, in cui il complesso posteriore non è identificabile, o addirittura non risolutive, ovvero in cui nessuna struttura target è visualizzabile. Tuttavia, si può ricorrere ad alcune strategie tecniche per migliorare la qualità dell’immagine ecografica ed ottenere informazioni utili prima di procedere alla puntura:

  • Riduzione della frequenza della sonda: 2 MHz.
  • Regolazione della profondità: superiore a 9-10 cm.
  • Regolazione del fuoco a livello della profondità del processo trasverso.
  • Compressione della sonda ecografica: esercitando una compressione maggiore con la sonda ecografica sul piano cutaneo e sui tessuti molli sottostanti è possibile migliorare la nitidezza dell’immagine ecografica, con l’intento di avvicinare il fascio di ultrasuoni al target (complesso posteriore), che nelle pazienti obese è localizzato più in profondità. Tuttavia, in questo modo, è importante avere la consapevolezza che si sottostima maggiormente la profondità dello spazio peridurale.
  • Scansione sul piano parasagittale obliquo: molto frequentemente l’immagine ecografica ottenuta attraverso la scansione sul piano trasversale non consente l’identificazione del complesso posteriore e, quindi, la stima della sua profondità. Tuttavia, le immagini ottenute secondo tale piano di scansione non sono del tutto non risolutive, perché nella quasi totalità dei casi è possibile identificare il processo spinoso con il tipico cono d’ombra posteriore e, pertanto, localizzare con precisione la medianità del rachide, soprattutto nei casi in cui la palpazione non lo consente.

In questi casi, la scansione sul piano sagittale paramediano offre immagini di migliore qualità rispetto al piano trasversale, perché evitando il processo spinoso consente di usufruire di una finestra acustica più favorevole all’insonazione dello spazio interlaminare. In tal modo, è identificabile il complesso posteriore ed è possibile calcolare la sua profondità, perché seppur non identica, è considerata una stima abbastanza affidabile rispetto a quella ottenuta sul piano trasversale.

 

Infine, condivido un caso clinico riguardante una primigravida alla 38-esima settimana di gestazione, affetta da sindrome di Marfan, candidata a taglio cesareo urgente per la comparsa di prodromi di travaglio e feto in presentazione podalica. Attualmente, considerata la bassa incidenza della patologia, non sono disponibili linee-guida rispetto alla condotta anestesiologica cui sottoporre le pazienti ostetriche affette da tale sindrome: case reports e case series descrivono le complicanze riscontrate durante la gravidanza, l’espletamento del parto e il post-partum, in termini di peggioramento della dilatazione del bulbo aortico e della insufficienza della valvola aortica, dissezione aortica post-partum, fallimento della tecnica di anestesia locoregionale impiegata sia per l’analgesia del travaglio di parto che per l’anestesia del taglio cesareo.

Nel caso specifico, la paziente presentava un buon compenso cardiocircolatorio. Sottoposta ad intervento di sostituzione della radice aortica e dell’aorta ascendente con protesi vascolare nel 2017 (dilatazione pari a 50 mm), non aveva presentato ulteriori significative ectasie nei tratti esplorabili all’esame ecocardiografico, i cui diametri si erano mantenuti stabili nel corso della gravidanza.

Il blocco centrale può risultare indaginoso e fallimentare nelle pazienti con sindrome di Marfan per i seguenti motivi:

  • deformità scheletriche a carico della gabbia toracica e del rachide (con possibile scoliosi o cifosi) o pregressa chirurgia del rachide.
  • Incidenza di ectasia durale variabile dal 63% al 92% dei casi, che si associa ad aumentato rischio di puntura accidentale della dura madre durante il reperimento dello spazio epidurale o che, in alternativa, è responsabile di fallimento dell’anestesia subaracnoidea, per insufficiente estensione craniale dell’anestetico locale.

Ho reputato che, nel caso specifico, la migliore tecnica anestesiologica cui sottoporre la paziente fosse l’anestesia combinata spino-peridurale, in quanto il catetere epidurale avrebbe consentito l’eventuale estensione del blocco subaracnoideo, in presenza di una ectasia durale misconosciuta. Peraltro, l’ecoassistenza pre-procedurale è stata molto utile per identificare/escludere deformità scheletriche e per scegliere il sito più favorevole alla puntura. In questo caso, la finestra acustica migliore è stata ottenuta in corrispondenza del livello intervertebrale L3-L4: sul piano trasversale era visualizzabile una immagine atipica, che, tuttavia, ha consentito la misura della profondità del complesso posteriore, considerato che in tali pazienti il rischio di puntura accidentale della dura madre può essere conseguente anche alla alterata sensazione di perdita di resistenza dovuta alla maggiore lassità del legamento giallo. Da notare che in corrispondenza dello spazio intervertebrale L4-L5, l’immagine sul piano trasversale evidenziava l’asimmetria delle strutture laterali (processi articolari e processi trasversi), sottendendo la presenza di una lieve scoliosi. Probabilmente si tratta di un reperto di scarso significato clinico, che non avrebbe avuto ripercussioni in termini di difficoltà nell’esecuzione del blocco centrale a tale livello secondo la tecnica convenzionale, soprattutto in considerazione della palpabilità dei reperi anatomici. Tuttavia, ritengo che l’impiego dell’eco-assistenza sia uno strumento fondamentale, che oltre a facilitare l’esecuzione tecnica del blocco centrale laddove si prevedono o si incontrano difficoltà tecniche, possa rendere evidenti molti aspetti, anche nelle situazioni apparentemente di più semplice approccio, che altrimenti sarebbero misconosciuti.

I video che seguono descrivono quanto detto sopra e l’epilogo del caso clinico. Infine, la descrizione della sono-anatomia della colonna vertebrale lombare da parte del Dott. Manoj Karmakar, professore presso l’Università Cinese di Hong Kong e attualmente uno dei massimi esperti a livello internazionale di tale argomento.